Un fenomeno che in Italia raggiunge dimensioni esponenziali, a causa dell’intreccio di interessi non sempre trasparenti, se non addirittura chiaramente orientati dalla corruzione politica. Occorre dunque una doppia opera per contrastare il fenomeno: la cura per chi soffre di questa dipendenza e la messa in atto di strumenti efficaci per contrastare la diffusione epidemica delle slot machines
di Laura Porta.
Il gioco d’azzardo patologico è un fenomeno che si è diffuso esponenzialmente in Italia negli ultimi anni, accompagnato dalla diffusione capillare di slot machines negli esercizi commerciali più frequentati delle città. Oggi l’azzardo di massa è un giro d’affari annuo di quasi novanta miliardi di euro, la metà dei quali generati da slot machines. Sono infatti quattrocentomila le “macchinette” presenti sul territorio italiano, un numero senza pari nel mondo. Tra le regioni la Lombardia è in testa alla classifica per la raccolta complessiva: nel 2015 14 miliardi e 65 milioni sono stati bruciati nelle macchinette dai cittadini. Seguono il Lazio (7 miliardi e 611 milioni) e la Campania (6 miliardi e 821 milioni).
L’azzardo ci mostra un fenomeno pubblico e culturale dagli impatti devastanti sul tessuto sociale, economico, relazionale ed affettivo mostrandoci le distanze fra ciò che è gioco e ciò che opera solo in ragione della corruzione legata al gioco, a tutti i livelli. Come afferma l’antropologa N. Dow Schüll1, che ha effettuato studi sistematici sul gioco d’azzardo, esiste un impero raffinatissimo dietro alle quinte, fatto di programmazione, progettazione, design, estetica delle atmosfere, ambiente, studi delle interazioni, un mondo totalmente dedito allo studio degli artifici più sofisticati per promuovere la dipendenza.
Ed eccoli qui, schiere di giocatori curvi, solitari, silenziosi, immersi in una zona definita e apparentemente protetta della macchina. Protetta, cosa assai rara negli esercizi commerciali, anche dal divieto del fumo: si può fumare nelle sale scommesse! Un efficacissimo sistema di aspirazione rimuove ogni traccia di cattivi odori. Le luci soffuse, quasi una penombra, un lampeggiare continuo di icone colorate che riportano al mitico tempo dell’infanzia e dei cartoni animati, musiche ritmiche simili a suoni di carillon, questo lo scenario che si apre di fronte a noi entrando in una sala giochi, questi i cacciatori solitari di felicità.
Perché “la felicità è essere fortunati”, questa la sconcertante associazione più frequente emersa da una ricerca sul significato della felicità presso l’Università di Bergamo condotta dal Prof. Pietro Barbetta, psicoanalista e docente universitario, intervistato nel film documentario “Vivere alla grande” (F. Leli, 2016), interamente dedicato a questo scottante tema. Perché c’è, sì, anche una responsabilità dei singoli soggetti dipendenti, che si intreccia a una responsabilità culturale e collettiva. Come afferma Barbetta, “la grande mutazione antropologica dei nostri giorni la ritroviamo nel fatto che sembra ormai tramontato il tempo in cui la felicità la si costruiva giorno per giorno, magari insieme, con sacrifici e duro lavoro, non era un miraggio da erranti solitari, ma una speranza che orientava le vite dei singoli e dei gruppi, il univa in progetti, ideali, slanci”.
Oggi, nel tempo del declino degli ideali e dei valori, è più facile affidarsi al “New God, il dio che ogni giocatore – e ogni programmatore di slot – crede si agiti ‘dentro’ la macchina: il generatore di numeri casuali (…) di una macchina che sembra viva”2. È da questo dio-demone che si genera la dipendenza, così testimoniano i giocatori che dipendenti lo sono stati: “non semplicemente dal fatto di vincere o perdere denaro: si diviene dipendenti dall’adrenalina scaturita dal rischio, e dalla promessa infinita e suadente del dio macchina di una vita “alla grande”, senza sosta e senza limiti”. Lo sapeva bene Freud quando affermava che “il giocatore gioca sempre per perdere”3
Cosa fare? Come salvarsi?
Siamo consapevoli che c’è ancora molto lavoro da fare, ma nella città di Milano sono stati fatti molti passi in avanti ad opera dei sindaci, Pisapia ha avviato numerosi progetti e l’amministrazione di Sala sta dando loro una continuità. Di questo si è parlato al convegno dello scorso 23 settembre “Milano No Slot”.
È necessario intensificare una rete di prevenzione, formazione, informazione e sensibilizzazione, fare degli interventi per limitare l’attività e la diffusione delle slot, gli orari della loro accensione negli esercizi commerciali, perché non ci sono solo persone ‘malate’ di dipendenza da aiutare, ma anche interessi non sempre chiari da contrastare. Questo è possibile dando alle persone precipitate nella dipendenza e alle loro famiglie messaggi di presenza e vicinanza, ascolto e supporto psicologico per limitare e vincere il proliferare della dipendenza.
Dopo Milano molti altri Enti Locali si sono attivati ed hanno elaborato ordinanze e regolamenti. Come affermato dalla Corte Costituzionale, le Amministrazioni comunali esercitano il proprio potere di regolamentazione per garantire la quiete pubblica, la dignità umana, l’utilità sociale, la salute.
Questi i passi in avanti realizzati negli ultimi anni:
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La costruzione di una rete nazionale di Comuni,
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La presentazione di un Manifesto dei Sindaci contro il gioco d’azzardo,
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Le raccolte di firme per una legge popolare,
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La presentazione del progetto di legge per la cura dei dipendenti dal gioco d’azzardo e l’approvazione dell’art. 14 della Delega fiscale sul gioco,
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l’approvazione della Legge di Regione Lombardia n. 8/2013 “Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico”,
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l’emissione di una nota del Ministero dell’Interno che di fatto dà valore ai regolamenti comunali,
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le azioni di coordinamento da parte di ANCI e Legautonomie sul tema del gioco d’azzardo.
Insieme agli Enti Locali si sono mossi il Terzo Settore, la Cultura, le Associazioni di rappresentanza dei diritti dei consumatori, gli Ordini professionali, l’autorganizzazione dei cittadini con il movimento Slot Mob. Le numerose campagne e iniziative realizzate stanno incrementando la sensibilità e l’impegno a contrastare un fenomeno che ha ormai raggiunto numeri allarmanti. Peccato che il processo legislativo nazionale sia ancora bloccato. Un processo che s’intreccia con dinamiche decisamente poco trasparenti, come per esempio l’appartenenza di alcuni onorevoli al direttivo di società che gestiscono il gioco d’azzardo, come Sisal e Formula Bingo.
Non resta che proseguire nell’opera di diffusione, prevenzione, sensibilizzazione e cura di un fenomeno dalla portata sbalorditiva.
1 N. Dow Schüll, Addiction by Design: Machine Gambling in Las Vegas, Princetone University Press, New Yersey. 2012. Trad it. N. Dow Schüll, a cura di M. Dotti e M. Esposito, Architetture dell’azzardo. Progettare il gioco, costruire la dipendenza, ed. Sossella, 2015.
2 Ibidem, p. 8
3 S. Freud, Dostoevskij e il parricidio, in Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, trad. it., Boringhieri, Torino, 1969.