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Questo libro offre delle letture originali alle problematiche che i soggetti contemporanei esprimono attraverso o a causa dei loro corpi. Esso ci accompagna caso per caso in quel percorso che uno psicoanalista fa sul campo per recuperare il soggetto del corpo sofferente, per restituirgli una consapevolezza del suo proprio corpo non in quanto altro da sé, ma come manifestazione e parte di sé. Esso inoltre ci introduce a temi pionieristici della psicoanalisi, come quello della psicosomatica, dell’iperattività, dei disturbi alimentari, del rapporto tra medicina e psicoanalisi, della clinica del trapianto, che meritano una lettura attenta se non altro perché introducono questioni nuove o recentissime nel panorama della riflessione psicoanalitica. Esso mette a fuoco la dimensione ipermoderna di corpi ricoperti da tagli reali (come nelle esperienze estreme dei cutters), mascolinizzati nell’attività frenetica ed estenuante dell’esercizio fisico, attraversati da continue somatizzazioni, esposti a pratiche pulsionali devastanti e suicidarie, estenuati dalla competizione in pratiche agonistiche, contratti dagli attacchi di panico, esagitati nei bambini iperattivi. Nell’epoca in cui l’evidenza dell’immagine ha la meglio sul percepirsi e sull’introspezione ecco che la psicoanalisi interviene portando la sua lettura come al solito controcorrente con i tempi, ma capace di dare respiro a pratiche di cura che risulterebbero altrimenti senza ossigeno. Corpi estenuati dall’attività fisica, ossificati da un regime alimentare anoressico, scolpiti come statue greche dal body building, pompati dall’abuso di integratori alimentari, trasfigurati e ringiovaniti dalla chirurgia estetica e dal trattamento botulinico. La cultura contemporanea tende a fare del corpo un oggetto di culto, a patto che esso risponda ai canoni sacri della giovinezza, della bellezza alla moda, della prestanza fisica e della salute. Questa cultura non solo rimuove – fino a negarla – la morte e la malattia, rendendo difficile e quasi impossibile il lavoro del lutto ad esse connesse, ma scinde pericolosamente il corpo dal soggetto. Ascoltiamo soggetti trattare il proprio corpo come se fosse separato da sé, sottoporlo a pratiche dietetiche, ginniche, salutistiche come se si trattasse solo di un oggetto da esibire, un giocattolo, un orpello. Oppure incontriamo soggetti pietrificati dall’incontro con la malattia, disarmati, incapaci di prendersi cura del proprio corpo come parte di sé, incapaci di ascoltarlo. Questi soggetti esigono una cura immediata, un farmaco, una soluzione ad ogni minima defaillance del corpo, non più inteso come corpo pulsionale, abitato da un soggetto di desiderio, ma piuttosto come corpo destinato all’uso e consumo degli oggetti, macchina da godimento. Ecco allora che l’ascolto del corpo come alleato pulsionale del soggetto dell’inconscio è una pratica che cade in disuso, lasciando oggi il posto al suo sfruttamento estetico o prestazionale. Ci troviamo di fronte all’attuazione di una riduzione del corpo che non incarna più significati, valori, sentimenti, ma è appiattito alla dimensione univoca dell’immagine. Ascoltare il proprio corpo significa cogliere responsabilmente i segnali che esso invia ad ogni soggetto che lo abita, prendersi cura di esso al di là del comandamenti estetici, rispettandone i limiti e le particolarità. Significa decifrarne i segnali simbolici che esso ci invia, manifestazioni dell’inconscio. Il corpo sfugge al controllo, si ribella: i sintomi, in senso psicoanalitico, sono una maniera di fare parlare tale corpo, di renderlo soggetto e protagonista; infatti il corpo in  psicoanalisi non è mai un oggetto alienato a chi lo abita; è sempre parte di un soggetto responsabile. La psicoanalisi è una disciplina che salvaguarda il soggetto del corpo e dell’inconscio, riapre la possibilità per ciascun soggetto di ascoltarne i segnali e di divenire responsabile del corpo pulsionale, corpo del soggetto di desiderio e non di godimento.

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